di Maria Stella Falco
Proprio oggi ho scoperto che il 5 ottobre è la “Giornata mondiale degli insegnanti” istituita dall’UNESCO “per attuare una riflessione sul ruolo dei professionisti della formazione”. Al di là del tema che si è scelto di approfondire quest’anno (“Empowering teachers, building sustainable societies”), già il “fine generale” della Giornata dà ottimi spunti di riflessione.
Il “mondo della scuola” ha sempre fatto parte della mia vita: mia madre, attualmente insegnante di scuola primaria, prima di “entrare di ruolo”, è stata la mia prima maestra di scuola; da piccola, ho svolto un programma riabilitativo americano, il Metodo Doman, per cui “ero formata” privatamente, e sostenevo, annualmente, gli esami di ammissione alla classe successiva.
In prima media cominciai a frequentare il nuovo ordine di scuola: ho bellissimi ricordi di quel periodo, e conservo “amicizie del cuore”. Crescendo, dopo la scuola superiore, mi inserì nelle liste (chilometriche) per il “collocamento mirato” (introdotto dalla l. 68/99) presso il Centro per l’impiego. Decisi pure di iscrivermi alla Facoltà di Lettere Moderne. Ammetto che non fu una scelta “molto consapevole”: non avevo in mente che cosa volessi fare “da grande” ma, di questo son sicura, avevo l’esempio del percorso lavorativo di mia madre che, spesso, mi raccontava (e mi racconta) il suo lavoro.
Fu proprio all’università che riuscì a “conciliare” il dover scrivere una tesi triennale (e poi magistrale) in Letteratura Italiana Contemporanea, con il mio “riscoperto” interesse per la disabilità.
Fu, ancora, grazie alla mia laurea magistrale, che riuscì a inserirmi “in terza fascia” , e che tentai di superare la prova preselettiva dell’ultimo “TFA (Tirocinio Formativo attivo). Non passai quella prova e mi iscrissi, potendolo fare, al secondo anno della laurea triennale in Servizio Sociale. Nel frattempo, decisi di voler provare a fare una nuova esperienza, proprio a scuola, perciò decisi di partecipare alla selezione per ottenere un posto come Volontaria di Servizio Civile presso il mio Comune. Vinsi un “posto comune”. Il progetto era “fattibile” per me, pur dovendomi spostare con i miei tripodi: “a minorazione non corrisponde sempre e comunque diminuita capacità lavorativa” – dice il dott. Giampiero Griffo rispondendo a una serie di domande postegli da Malafarina per il suo Vademecum1. Si trattava di essere impegnata, nella scuola (secondaria di primo grado), in attività di tutoraggio e sostegno scolastico in favore di alunni, anche disabili.
Fu un’esperienza bellissima, umanamente e professionalmente parlando: tutti mi aiutarono a vivere al meglio quell’esperienza, superando pure un po’ di “barriere architettoniche”; seppur con qualche “normale” accortezza, la scuola è stata “accessibile” per me, in caso contrario, sarebbe stato tutto molto più difficile.
1 Giampiero Griffo è responsabile della Sezione sulle Diversità presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, lavora, anche con responsabilità direttive a livello internazionale, nel campo della difesa e tutela dei diritti umani dei cittadini con disabilità dal 1972. in LUONGO M., MALAFARINA A.G., Intervista col disabile, Vademecum fra cime e crepacci della disabilità, FrancoAngeli, 2007
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