Chi è Cristiano Campione? Parlaci di te.
Sono un ragazzo di 24 anni, nato e cresciuto a Caltanissetta con una spina bifida mielomelingocele. A 5 anni ho iniziato a fare nuoto e, a 17 anni, incontrai a scuola il mio attuale maestro, Salvatore Parla, mi propose di fare sollevamento pesi paralimpico. Il 29 novembre 2013, così, iniziò concretamente la mia (e la sua) avventura in questa disciplina.
Dove ti alleni generalmente?
Di solito, i miei compagni di squadra ed io, ci alleniamo allo Stadio “Marco Tomaselli” (detto Pian del Lago) di Caltanissetta in una palestra data dal Comune in gestione alla Fipe (Federazione Italiana Pesistica), dove si allenano sia atleti olimpici che paralimpici.
Parliamo della spina bifida: di cosa si tratta e quanto è diffusa nel nostro Paese?
La spina bifida è una patologia estremamente varia nei suoi effetti sia a livello fisico che neurologico (per saperne di più – https://www.spinabifidaitalia.it/it/lsb_cose.php). Non si può né prevenire, né curare, anche se è possibile intervenire preventivamente con una cura sperimentale in utero, ancora molto poco diffusa, ma la terapia preventiva più efficace è quella di assumere una quantità adeguata di acido folico in gravidanza e non solo, per ridurre del 70% la possibilità di concepire un bambino affetto da spina bifida. L’ultimo censimento effettuato in Italia, mostra una casistica molto bassa in cui solo 1 su 1300 neonati, è nato affetto da questa patologia
Parliamo del Para Powerlifting, in cosa consiste?
È una disciplina per persone con disabilità che, diversamente dal tradizionale sollevamento pesi, che comprende due fasi (strappo e slancio), prevede due prove che sono però assemblate in un unico esercizio: l’atleta si distende su una panca in posizione supina che viene assicurata per mezzo di fasce di velcro. Essa si compone di 10 categorie femminili e 10 maschili, suddivise per fasce di peso corporeo: dalla più leggera (0 – 49) alla più pesante (+107 – fino al peso tollerabile dall’uomo).
Al comando “start” del primo giudice di gara (posizionato dietro la testa dell’atleta), l”atleta solleva il bilanciere a braccia distese, lo porta al petto e lo ferma per un secondo (il cosiddetto “stop al petto”), lo riporta in alto a braccia distese, mentre al comando “rack” sempre da parte del primo giudice e degli assistenti, l’atleta appoggia il bilanciere sui supporti della panca, terminando la performance.
Per chi volesse fare questo tipo di disciplina, a che età consiglieresti di iniziare?
Non c’è un’età minima e non si comincia certamente con i bilancieri, ma con un manico di scopa. Sicuramente, più l’atleta è giovane, più le proprie articolazioni sono mobili e, quindi, sarà più semplice ed efficace lavorarci: è una crescita graduale. È, inoltre, importantissimo ricordare che il bilanciere può essere il tuo migliore amico, ma se la mente si distrae può diventare il tuo peggior nemico, quindi è bene creare con lui un rapporto in sicurezza.
Questo tipo di disciplina può essere praticata solo da persone con disabilità fisica o anche da quelle con deficit intellettivo-relazionali?
Per mia esperienza, generalmente, viene praticata solo da persone con disabilità fisiche agli arti inferiori e, in rari casi, anche quelli superiori, ma ho scarsa conoscenza di atleti con deficit intellettivo che la pratichino.
Cosa ti ha dato questo sport e cosa significa far parte della Fipe?
La Fipe è una Federazione che offre diversi servizi ed è molto significativo il fatto che convogli discipline olimpiche e paralimpiche in un’unica realtà federale: intende promuovere una “squadra unica” e non diversificata tra disciplina tradizionale per normodotati ed adattata per persone con disabilità. Infatti, al Centro di preparazione olimpica “Giulio Nesti” di Roma, atleti sia olimpici che paralimpici si allenano insieme e la stessa cosa accade da noi a Caltanissetta.
Questo sport, per me, è fonte di divertimento e benessere perché, per chi è affetto da disabilità fisiche, essere “forte” è sinonimo di autonomia, sicurezza in sé stessi e salute. Alcuni atleti, grazie a questo sport e ai propri allenatori, inoltre, hanno evitato di prendere “strade sbagliate”, riducendo la criminalità giovanile in alcuni quartieri difficili delle città. Lo consiglierei a chiunque, dai bambini agli anziani perché coinvolge persone di grande spirito e di grande cuore.
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