Intervista a Maricla Pannocchia, presidente dell’Associazione di Volontariato “Adolescenti e Cancro”
di Maria Stella Falco
Annualmente, il 15 febbraio si celebra la Giornata Mondiale Contro il Cancro Infantile. Ritenendo utile far riflettere su un attuale “rilevante problema di sanità pubblica”, che “resterà tale in un futuro prevedibile, a meno di introdurre efficaci strategie di controllo”.
ItaliAccessibile propone un’intervista a Maricla Pannocchia, fondatrice e presidente dell’Associazione di Volontariato “Adolescenti e Cancro”; già autrice di “Attimi di noi”, già recensita raccolta di storie di vita di alcuni ragazzi supportati dalla sua Associazione.
L’intervista prende spunto dalla sua seconda pubblicazione, il romanzo “verosimile ma comunque frutto della mia fantasia” Le cose che ancora non sai, Astroedizioni, 2017 – di cui nei giorni scorsi abbiamo scritto.
D. Cosa racconteresti del tuo romanzo a chi ancora non l’ha letto. Pensavo fosse solo il racconto di un’amicizia tra due ragazze adolescenti, di cui una malata, ma molte vite si intrecciano, maturano, si evolvono, viaggiano.
R. Sì, il romanzo è un viaggio e la prima viaggiatrice sono stata proprio io. Nella storia s’intrecciano le vite di tante persone, delle due ragazze protagoniste ma anche dei loro famigliari e dei compagni di scuola. E’ un viaggio che non si presenta in anticipo, per il quale non puoi andare in agenzia a fare i biglietti; è il viaggio della vita. Sono quelle esperienze che ti prendono, ti scuotono e ti fanno cambiare; ti feriscono, ti fanno urlare di rabbia e poi ti fanno anche ridere fino alle lacrime e ti regalano attimi di vera felicità. Dunque, a un lettore che non ha ancora letto il libro, direi di aspettarsi un viaggio; di leggere con la mente e il cuore ben aperti e gli auguro di prendere qualcosa dai personaggi e dalle loro storie, per portarlo poi nella sua vita.
D. Ho apprezzato che, per vari aspetti, offra rimandi alla Letteratura inglese. Volutamente?
R. Allyson, una delle due ragazze protagoniste, sogna di diventare una scrittrice, le piace Jane Austen e ha preso il massimo dei voti in un tema su Charles Dickens. Sì, questi sono tutti aspetti voluti. Io stessa adoro i romanzi classici; penso che siano su un altro livello rispetto alla maggior parte dei romanzi contemporanei, anche solo per il tempo e la fatica che uno scrittore – o addirittura una scrittrice – faceva allora. Oggi, sembra che chiunque possa diventare scrittore in pochi secondi.
D. Secondo la tua esperienza a contatto con adolescenti malati, cosa vuol dire accettare la morte, in generale e per gli adolescenti? In generale, ritieni che si possa davvero accettare la morte?
R. Non posso parlare per i ragazzi, ma io, adesso non ho più paura della morte. Ovviamente vorrei arrivare alla vecchiaia perché ho un sacco di cose che ancora voglio fare, incluso far crescere l’Associazione, però grazie ai ragazzi ho capito che la paura di morire si sconfigge vivendo. Parlo della vita vera, e questo è il problema; la vita vera è difficile da scoprire, da capire, da trovare ma credo che, vivendo un’esistenza piena, aiutando gli altri e facendo il possibile per crescere come anime, quando arriverà il nostro momento sapremo di aver utilizzato al meglio il tempo che ci è stato concesso e potremo andare serenamente. La morte è inevitabile per tutti, credo che le armi per combatterne la paura siano appunto la vita, l’amore e il parlarne. Forse, se la morte non fosse considerata un taboo come spesso accade, la gente ne avrebbe meno paura.
D. Le protagoniste, inizialmente, non ritengono necessario essere aiutate da una psicologa. Coleen afferma che “la leucemia è una malattia del corpo” . Non vuole pensare, lei per prima, che la patologia si impadronirà della sua mente e della sua anima. Quanto conta l’aiuto psicologico, in vicende come quella che hai narrato?
R. Tanto. Coleen reagisce in quel modo proprio perché non vuole ammettere con sé che la malattia sta intaccando anche la sua salute mentale, ma conosco diversi ragazzi che hanno affrontato difficoltà mentali durante o dopo le cure. Parlo di depressione, ansia, attacchi di panico… anche le malattie e i disturbi mentali spesso sono considerati taboo, si fa presto a considerare qualcuno un “pazzo” mentre le malattie fisiche sono, in qualche modo, più accettate. Ecco perché Coleen non vuole ammettere l’impatto della malattia sulla sua salute mentale; ha paura della reazione degli altri e lei stessa non accetta la situazione.
D. Dopo “Attimi di noi”, ancora una volta, spazio in un tuo lavoro al tema del tempo, del suo valore, che si riscopre!
R. “Attimi di noi” è un testo diverso perché raccoglie le storie di alcuni dei ragazzi supportati dalla mia Associazione di volontariato (scaricabile gratuitamente dal sito www.adolescentiecancro.org ) mentre “Le cose che ancora non sai” è un romanzo verosimile ma comunque frutto della mia fantasia. In ogni caso sì, penso che quando parli di una malattia come il cancro, che ti mette faccia a faccia con la possibilità di morire, sia quasi naturale parlare anche del tempo. Personalmente, è un po’ che credo che il tempo come lo misuriamo noi umani non sia il vero Tempo. Come dice Coleen nel romanzo, credo che il vero Tempo sia un’entità che non ha niente a che vedere con le sveglie e le campanelle della scuola. Il valore del tempo, poi, è spesso dimenticato; spesso prendiamo la vita per scontata, diciamo “fra un mese andrò in Giappone” o “Non ho voglia di farlo ora, il prossimo anno comincerò un corso di teatro” ma chi ce l’ha detto che abbiamo questo lusso, che il prossimo anno o il prossimo mese saremo ancora qui e saremo in grado di fare quello che vogliamo? Il tempo è un dono e un lusso e dovremmo ricordarcelo più spesso.
D. Esponi la “teoria” del cerchio della vita personale.
R. Nasciamo, e quello è il punto di partenza del nostro cerchio, e poi moriamo (punto di chiusura). Tutto ciò che c’è nel mezzo è vita. I punti si ricongiungono. Questo vale per il cerchio terreno, secondo me; credo che poi ci sia un altro cerchio che è cominciato chissà quando, prima della nostra nascita, e che finirà chissà quando e chissà dove perché personalmente ho sempre pensato che quello sulla Terra sia solo un viaggio, una fase di passaggio; non ho idea del perché dobbiamo passare di qui, ma dato che ci siamo, tanto vale goderselo questo viaggio.
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