Meeting Miopatia GNE Informare- CataniaMeeting Miopatia GNE Informare- Catania

INFORMARE, CONOSCERE E CONDIVIDERE: A CATANIA IL 16 SETTEMBRE SI È SVOLTO IL PRIMO MEETING SULLA MIOPATIA GNE CENTRA L’OBIETTIVO DI CONTRASTARE L’ISOLAMENTO

Meeting Miopatia GNE Informare- Catania
Meeting Miopatia GNE Informare- Catania

Catania – Contrastare l’isolamento attraverso la condivisione di notizie, conoscenze ed esperienze di ricerca e di vita. Questo l’obiettivo, raggiunto, del primo meeting nazionale sulla Miopatia GNE, organizzato dall’associazione Gli Equilibristi HIBM Onlus, presieduta da Valeria Pace, con il patrocinio dell’Università di Messina, di Telethon, del Centro Clinico Nemo di Messina e della Neuromuscolar Disease Foundation.

Credo che l’approccio al paziente – sottolinea la presidente dell’associazione – sia molto importante. Il paziente, affetto da degenerazioni neuromuscolari deve sentirsi ‘coccolato”. Stare insieme e condividere anche solo la stessa stanza può creare cose meravigliose e far sentire benissimo. Condividere informazioni e segmenti di percorso può far contemporaneamente sentire pieni e più leggeri e fornire la spinta per ricominciare la propria lotta il giorno dopo, nella consapevolezza che non si possa vivere la propria vita con l’idea di trovare una cura domani”.

Quello che è parso fondamentale sottolineare è come ognuno dei pazienti abbia trovato il modo di “vivere” nonostante tutto.

Pur senza rinunciare ad una cura, dunque, è necessario adoperarsi per migliorare il come della gestione della vita quotidiana.

In Italia attualmente risultano essere 47 i pazienti ufficialmente diagnosticati ma sembrerebbe potersi registrare una sottostima dell’incidenza.

La situazione di una malattia rara come la Miopatia GNE è peggiorata dal fatto che molto spesso i pazienti non ricevono la diagnosi giusta in prima battuta, come sottolinea il dottor Carmelo Rodolico del Policlinico “G. Martino” di Messina.

Rodolico sottolinea come qualsiasi passo avanti fatto dalla ricerca per cercare di conoscere, anche laddove i trial delle sperimentazioni si concludano non con gli esisti sperati, non possa essere etichettato come negativo tout court perché in ogni caso si raccolgono dati, avendo lo sprone per percorrere nuove strade possibili, anche non farmacologiche.

La ricerca in sé – sottolinea – procede per tentativi”.

Secondo Anthony Behin del Centro di riferimento per patologie neuromuscolari Paris Est, le malattie rare per le quali è stato individuato un trattamento sono rare.

Sono ormai passati 30 anni da quando fu diagnosticata per la prima volta la malattia, nel 1981con la denominazione di Miopatia di Nonaka.

La Miopatia GNE oggi risulta avere dei cluster (gruppi di pazienti) in Medio Oriente, Giappone, India, Bulgaria, India, Usa ed Italia. Proprio per questo, secondo quanto sottolineano gli addetti ai lavori, è importante raccogliere dati su pazienti presenti in tutto il mondo, anche per fare comparazioni sulla progressione della malattia prima e dopo vari tipi di trattamento.

In Giappone – spiega Behin – solo nel 2012 è stato inserito il primo paziente affetto da Miopatia GNE nel registro nazionale delle malattie rare”.

Quella attualmente conosciuta come Miopatia GNE, dal nome del gene che subisce una mutazione, è caratterizzato da una scarsa o nulla biosintesi di acido sialico, un acido che serve ad assicurare la funzione muscolare.

La malattia, spesso, secondo gli esperti, solitamente si esprime a partire dai vent’anni di età con alcuni sintomi tipici: piede cadente, crampi e mialgia, difficoltà motorie e di funzionamento a piedi e mani, debolezza delle gambe che si estende progressivamente agli arti superiori, astenia.

Un dato cui si sta cercando di dare una spiegazione consiste nel fatto che mentre tutto il resto della muscolatura progressivamente si “spegne”, portando i pazienti in sedia a rotelle nel giro di vent’anni, i quadricipiti rimangono normali.

Attualmente, soprattutto per fare chiarezza in merito ad una diagnosi incerta, come sottolinea Behin, si ricorre ad una biopsia dei vacuoli bordati.

Ma attenzione.

La biopsia infatti – sottolinea l’esperto proveniente dal Centro di riferimento per patologie neuromuscolari Paris Est – potrebbe risultare normale se non si preleva il tessuto dal muscolo appropriato”.

Senza contare che nelle varie sperimentazioni, secondo quanto ribadisce Behin, è molto difficile capire se gli effetti positivi di riduzione dell’indebolimento muscolare siano dovuti alla maggiore presenza di acido sialico, che viene introdotto nell’organismo, o ad altre variabili intervenienti quali la sostanziale perdita di peso e la maggiore intensità giornaliera dei trattamenti fisioterapici cui il paziente è desideroso di sottoporsi.

Proprio a proposito dell’importanza della fisioterapia Giacoma Avellina della Casa di cura riabilitativa Villa Sofia di Acireale sottolinea come la fisioterapia sia un alleato importante per mantenere le funzionalità motorie, prevenire le deformità articolari, le complicanze secondarie e mantenere il più a lungo possibile l’autonomia residua.

Triplice l’obiettivo dunque: preventivo, curativo e di implementazione della capacità di problem solving, cioè della capacità di migliorare le capacità compensative “virtuose”.

L’acqua – evidenzia Avellina – è un elemento ideale all’interno del quale lavorare. Vi sono temperature più idonee per favorire lo stretching, l’allungamento muscolare, per facilitare lo scarico dei liquidi in eccesso e la mobilità della colonna vertebrale e conservare l’elasticità muscolare e la mobilità residua”

Attraverso la valorizzazione delle spinte idrostatiche, secondo quanto ribadisce la fisioterapista, si può lavorare meglio sull’equilibrio, perché in acqua lo schema deambulatorio è facilitato dal senso di leggerezza che promuove la verticalizzazione e l’educazione al movimento attraverso gli esercizi di mobilitazione attiva. L’acqua crea un “ambiente di relazione”, per eccellenza, sia a livello fisico che psicologico, dove attuare il processo riabilitativo e di rieducazione posturale.

A ricordare l’importanza del ruolo svolto dalla Fondazione “Aurora” Onlus, Centro Clinico Nemo di Messina è Letizia Bucalo.

Il Centro Nemo di Messina, nato nel 2012, conta uno staff di 41 professionisti che hanno creduto fortemente in questo progetto. L’approccio è non solo clinico ma anche scientifico, basato su una commistione tra assistenza e ricerca.” Esso nasce quale filiazione di associazioni di pazienti per i pazienti”

La presenza dei Centri Nemo in diverse parti d’Italia, da Milano a Messina, passando per Roma, secondo quanto sottolinea Bucalo, ha dimostrato la “virtuosità” di quest’esperienza, replicabile anche in territori profondamente diversi a livello socio-economico.

Un convegno, quello dedicato a “Informare, conoscere e condividere” le informazioni e le esperienze sulla Miopatia GNE, che ha avuto le sue parole chiave in forza, speranza e gratitudine. Prossimo obiettivo: dare a questo momento di incontro-dibattito una continuità possibile.


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Di Redazione di italiAccessibile

Responsabile del blog Pierpaolo Capozzi

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