di Maria Stella Falco
Impegni universitari, la necessità di riposarmi un po’ mi hanno impedito di scrivere articoli per il blog, in questo periodo. A breve riprenderò a pubblicare costantemente, non appena mi sarà possibile.
Le Paralimpiadi di Rio 2016 stanno per concludersi. Vorrei, brevemente, condividere con voi qualche mia riflessione a riguardo. Ho seguito con più consapevolezza questi Giochi, rilassandomi davanti alla tv.
Mi piacerebbe, in futuro, sentir parlare degli innumerevoli sport paralimpici e dei suoi protagonisti, e seguirli, non solo ogni 4 anni, ma più spesso, o meglio, costantemente, in tv. Io, che avevo pure in precedenza avvertito l’esigenza di scoprire qualcosa in più sul mondo paralimpico, e mi ero pure cimentata in questa “impresa” scrivendo sull’argomento i miei primi due articoli per ItaliAccessibile, mi sono riscoperta “curiosa” di saperne sempre di più.
Gli atleti paralimpici permettono, se l’immaginario collettivo è pronto a farlo (ed è questa la domanda che mi faccio…), alla gente di rivalutare le persone disabili. Queste persone, giovani e meno giovani, con varie disabilità congenite e acquisite, dimostrano, a chi ancora non lo sa (passatemi questo inciso “provocatorio”), che la loro vita può essere ricca di senso e vissuta al massimo, appieno. Come insegna Zanardi, per citarne solo un atleta paralimpico, il quale in un’occasione ha dichiarato che, solo dopo il suo incidente, la sua vita ha acquisito senso. O meglio, quello che lui considera il vero senso della sua vita. Di quello che dichiarò Zanardi tempo fa, me ne ha parlato un medico qualche giorno fa.
Guardiamo oltre, dunque, “oltre”, una parola che uso spesso; oltre la/le specificità di certe condizioni di vita le quali, dopo tanto lavoro interiore, diventano per molti ricchezza, opportunità.
Ho ascoltato, dalla “zona mista” le storie di chi studia e lavora; di chi è andato/a oltre, ha proseguito il proprio cammino di vita, dopo momenti senz’altro difficili. Io, spettatrice disabile che, nel corso della propria vita ha voluto e imparato a superare “lo spavento” che “vedere” certe disabilità può suscitare, mi sono sorpresa nell’assistere a una partita di tennis in carrozzina (non mi riferisco al tennistavolo) e mi sono ripromessa di “voler conoscere” molto meglio queste persone, attraverso la lettura dei loro libri.
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